Gentili Clienti,

In questo contributo analizzeremo il nuovo concetto di lavoratore sportivo – che delimita l’ambito di applicazione della legislazione speciale in materia di lavoro sportivo – e le tipologie contrattuali, con particolare attenzione alla fattispecie del lavoro autonomo nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quale naturale modello di riferimento che si adatta a molte situazioni di fatto largamente  diffuse nel settore.

Trattandosi di rivoluzione è inevitabile che siano molte le novità che attendono i sodalizi sportivi a far data dal 1 gennaio 2023, salvo che vengano adottati da qui a fine anno provvedimenti di rinvio, come auspicato da più voci del movimento sportivo.

Chi è il lavoratore sportivo?

Non tutti coloro che operano nel settore sportivo, professionistico o dilettantistico, dietro corrispettivo sono considerati lavoratori sportivi: tale qualifica spetta solo ad alcune figure tipiche tassativamente indicate dalla norma.

L’art. 25 nel testo originario del d.lgs. 36/21 comprendeva esclusivamente l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara. Ma con le modifiche opportunamente introdotte dal correttivo la qualifica viene ora estesa anche a ogni tesserato che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale.

Ne consegue che gli organismi affilianti provvederanno in autonomia, individuando in base alle singole discipline le figure necessarie alle manifestazioni, agli allenamenti e alle attività didattiche e formative.

Rimangono quindi esclusi dalla categoria dei lavoratori sportivi, oltre ai collaboratori amministrativo-gestionali, tutti coloro che seppure indispensabili per la realizzazione delle attività del sodalizio, non operano in un rapporto di connessione e funzionalità con l’attività sportiva, come ad esempio gli addetti alle pulizie e i custodi dell’impianto. A essi non si applica la disciplina del lavoro sportivo ma quella di diritto comune.

Lavoro subordinato o autonomo?

La qualificazione del rapporto come autonomo o subordinato, nell’area del dilettantismo, assume una fondamentale importanza: infatti il trattamento fiscale, contributivo e amministrativo agevolato è previsto per le sole prestazioni autonome, anche rese in forma coordinata e continuativa, mentre l’inquadramento del lavoro subordinato rimane regolato, per tutti i settori, professionistico e dilettantistico, dall’art. 35 co.1 d.lgs. n. 36/21 con l’iscrizione al Fondo Pensione del Lavoratori Sportivi e con evidente differenziazione in termini di costi e oneri.

Per stabilire la natura autonoma o subordinata del rapporto – e la conseguente applicazione del regime fiscale e previdenziale – andranno applicati i criteri ordinari: non tanto e non solo gli indicatori sussidiari quali l’osservanza di un orario, la previsione di una retribuzione fissa o l’assenza di rischio economico per il lavoratore ma soprattutto la presenza dell’assoggettamento gerarchico al potere direttivo del datore di lavoro (che si manifesta attraverso l’ingerenza e il controllo sulle prestazioni e l’esercizio del potere disciplinare).

Ciò premesso, la riforma detta disposizioni specifiche sia per la disciplina del lavoro subordinato sportivo sia per il lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa.

Il lavoro subordinato

Ai lavoratori sportivi subordinati si applica una disciplina unitaria, a prescindere dal settore di appartenenza, che in sostanza estende a tutti le regole già previste per il solo settore professionistico.

La collaborazione coordinata e continuativa

In tema di rapporto parasubordinato il decreto correttivo apporta sostanziali ed efficaci modifiche sull’impianto originario della riforma, che indubbiamente contribuiscono ad attuare il principio di specialità del lavoro sportivo e a perseguire quegli obiettivi di sostenibilità del sistema fissati dalla legge delega.

Il decreto interviene sotto un duplice aspetto:

  1. ripristina la possibilità per i sodalizi sportivi di stipulare valide collaborazioni coordinate e continuative etero organizzate ai sensi dell’art. 2 co. 2 lett.d) d.lgs. n.81/2015;
  2. introduce una presunzione di co.co.co. per i lavoratori sportivi al ricorso di determinate condizioni.

Vediamone gli effetti nel dettaglio.

  1. le collaborazioni rese a fini istituzionali

La disposizione dell’art.2 co.2 lett.d) del d.lgs. n. 81/2015 – che la riforma nel testo originario aveva abrogato e che il correttivo ha invece ripristinato – stabilisce che alle collaborazioni coordinate e continuative rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a FSN, DSA ed EPS e riconosciute dal Coni (nonché in favore di CONI, FSN, DSA,E PSin base all’estensione operata in via interpretativa da Min. Lav. Interpello 6/2016) non vada applicata la regola generale introdotta dal Jobs Act all’art. 2 ovvero l’applicazione ex lege della disciplina del lavoro subordinato a quei rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative ed etero organizzate dal committente.

Si tratta dunque di una deroga espressamente prevista per il settore sportivo dilettantistico, analogamente a quanto aveva già disposto per il passato la riforma Biagi che all’art.61 co. 3 del d.lgs. n. 276/2003 ammetteva la possibilità di stipulare valide co.co.co per fini istituzionali anche in assenza di progetto.

Si consideri, per comprendere appieno la portata della disposizione, che la collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 co.1 n.3 c.p.c. presuppone un’autonoma organizzazione del lavoro da parte del collaboratore nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo tra le parti e che in difetto di tali presupposti trova applicazione ex lege la disciplina del lavoro subordinato.

Dunque, nel concreto, diventerebbe critico l’inquadramento di allenatori e istruttori che necessariamente operano in connessione funzionale con il sodalizio sportivo e secondo le esigenze organizzative del committente.

Per effetto della deroga invece, i contratti autonomi – che pure inevitabilmente comportano l’inserimento del collaboratore nell’organizzazione del committente (l’attività è prestata presso l’impianto sportivo) secondo regole dettate unilateralmente dal sodalizio (come l’organizzazione dei turni e del calendario di allenamento) – non vengono assoggettati all’applicazione ex lege del rapporto subordinato (fermo restando che se il rapporto nel concreto manifesta gli elementi della soggezione gerarchica al committente può sempre e comunque venire riqualificato come subordinato).

In definitiva, in base al nuovo testo dell’art. 25, il lavoro sportivo potrà essere inquadrato come co.co.co. ordinaria (art. 409 co.1 n.3 c.p.c.) ma anche come co.co.org., ovvero collaborazione etero organizzata in deroga all’art.2 d.lgs. n.81/2015.

Rimane da stabilire se la speciale collaborazione etero organizzata sia circoscritta ai soli lavoratori sportivi, tipizzati dalla riforma, oppure debba ammettersi anche in un contesto più ampio di prestazioni che seppure non qualificate come sportive siano comunque rese per i fini istituzionali del sodalizio. La seconda soluzione appare la più corretta sotto il profilo sistematico, atteso che la disposizione contenuta nel Jobs Act si deve considerare di portata più ampia rispetto alla limitazione delle figure sportive introdotte dalla riforma dello sport. Dunque, a parere della scrivente, devono considerarsi validamente stipulate anche quelle co.co.org. in deroga che riguardano non solo i lavoratori sportivi in senso stretto ma tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione dei fini istituzionali e quindi come vedremo in seguito anche i collaboratori autonomi di segreteria.

  • la co.co.co. sportiva dilettantistica

Per i lavoratori sportivi nell’area del dilettantismo, il correttivo introduce all’art. 28 una presunzione di co.co.co. sportiva dilettantistica quando ricorrano i seguenti requisiti:

  1. a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le diciotto ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;
  2. b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva.

Per cogliere l’effettiva portata della norma bisognerà valutare sotto il profilo interpretativo se il riferimento alle 18 ore settimanali possa intendersi come media annuale (così andando a ricomprendere nella presunzione anche quelle posizioni che nel corso della stagione da settembre a giugno superano il monte ore settimanale ma lo compensano con la sospensione o riduzione delle attività o nel periodo estivo); tuttavia in attesa di auspicati chiarimenti in tal senso, che risulterebbero peraltro più coerenti al principio di specificità del lavoro sportivo, è consigliabile, quanto meno in via prudenziale, considerare il riferimento al monte ore settimanale in termini assoluti. La durata delle prestazioni settimanali imposta dalla norma andrà quindi prefissata nel contratto mentre se si utilizzano riferimenti a situazioni potenzialmente indeterminate come ad esempio il piano di allenamento, il palinsesto della palestra, il piano dei corsi o le necessità della società è importante in ogni caso fissare il limite massimo di orario indicato dalla norma (sempre escluso il tempo dedicato a manifestazioni e trasferte di gara).

Ne consegue che a fronte di una co.co.co. sportiva dilettantistica che rispetti le condizioni previste dall’art. 28, l’onere della prova contraria, diretta a una diversa qualificazione del rapporto, grava sulla parte che intenda farla valere, ovvero gli enti preposti alle verifiche ed ispezioni (Ispettorato del Lavoro, Inps e Inail o Agenzia delle Entrate per quanto rispettivamente di competenza) o il lavoratore che intenda impugnare il contratto applicato.

E in caso di sforamento? Il limite delle 18 ore è previsto ai fini della presunzione di legge sulla natura autonoma del rapporto di collaborazione ma non per la validità del contratto. È sempre possibile infatti stipulare co.co.co. per una durata superiore ma poiché in tal caso non sarà operativa la presunzione, a fronte di contestazioni dirette alla riqualificazione del contratto l’onere di dimostrarne la natura genuinamente autonoma, nonostante la maggiore intensità delle prestazioni, grava sul committente, ovvero sul sodalizio sportivo.

  • le co.co.co. amministrativo gestionali

Con l’attuazione dei principi della riforma e la conseguente l’abrogazione dell’art.67 co.I lett.m), anche per le collaborazioni a carattere amministrativo gestionale previste dall’art. 90 l. 289/02 viene meno la collocazione nel regime dei redditi diversi. Pertanto, anche tali prestazioni, quando rese a titolo oneroso, devono necessariamente collocarsi nella disciplina lavoristica con un inquadramento subordinato o autonomo a seconda delle concrete caratteristiche del rapporto.

Ma con alcune specifiche particolarità:

  1. a) come abbiamo già anticipato, i collaboratori di segreteria e affini non vengono qualificati come lavoratori sportivi e a essi pertanto non si applica la disciplina contrattuale del lavoro sportivo:
  • se dipendenti, verranno assunti con contratto di lavoro subordinato di diritto comune e non con le regole dell’art.26 (quindi con piena applicazione della tutela per il licenziamento individuale che invece nel contratto subordinato sportivo è esclusa);
  • se co.co.co. non potranno beneficiare della presunzione di legge di cui all’art. 28 per il contratto di collaborazione fino a 18 ore, riservata esclusivamente ai lavoratori qualificati come sportivi;
  1. b) tuttavia beneficiano delle medesime agevolazioni fiscali e contributive dettate per il lavoro nell’area del dilettantismo, che vengono in parte quaestese a questa categoria di lavoratori non sportivi:
  • all’attività  autonoma o di co.co.co. si applica l’esenzione contributiva fino alla soglia di 5.000 euro annui e, sulle somme eccedenti, l’aliquota del 25%, nonché la riduzione dell’imponibile contributivo per i primi 5 anni;
  • in ogni caso, e quindi per qualsiasi contratto, sia autonomo che subordinato, si applica la franchigia fiscale fino a 15.000 euro annui.

Il trattamento differenziato naturalmente spetta solo alle prestazioni rese a favore di asd/ssd, FSA,DSA e EPS, requisito specificamente indicato dall’art. 37 e dunque indispensabile per beneficiare delle agevolazioni.

Anche in relazione a tali contratti diventa pertanto scriminante la qualificazione del rapporto come autonomo o subordinato e valgono ancora una volta le regole generali di diritto comune cui abbiamo accennato sopra, considerato che l’art. 37 del d.lgs. n. 36/21 nel prevedere la possibilità di instaurare rapporti di collaborazione autonoma ai sensi dell’art. 409 co.1 n. 3 c.p.c. riprende la locuzione “ricorrendone i presupposti”.

In relazione alla co.co.co. la norma fa specifico riferimento, in termini di possibilità, alle collaborazioni autonome; ma, per quanto sopra esposto, si ritiene valida anche una co.co.co. etero organizzata in virtù della deroga prevista dall’art.2 co.2 lett.d) d.lgs. 81/15 in quanto operante anche al di fuori del lavoro sportivo in senso stretto. Si ritiene infatti che il personale addetto alla segreteria, al tesseramento, alla contabilità e agli adempimenti amministrativi del sodalizio o dell’ente svolga mansioni che, seppure non qualificabili come sportive o necessarie all’attività sportiva in base al tenore dell’art.25, rientrano nel concetto ben più ampio di collaborazioni rese per fini istituzionali.